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Il piano industriale presentato da A2a è un incubo per gli isontini

Comunicato stampa

Il piano industriale presentato da A2a è un incubo per gli isontini.
La più grande multiutility del Nord Italia si appresta a colonizzare Monfalcone con piglio e decisionismo tipicamente lombardo (ogni riferimento a governatori dalle giacche multicolori è puramente casuale). Dal centro economico del Paese l’azienda arriva in questa estrema provincia orientale e spaccia l’incenerimento di rifiuti per “risorse rinnovabili”, l’utilizzo del carbone per “innovazione verde”, come se stesse offrendo perline a una sperduta tribù africana del XIX secolo. Progetta l’ampliamento di una struttura ad alto impatto ambientale nel pieno centro di una cittadina e pretende pure di essere ringraziata. Non manca mai, poi, lo specchietto per le allodole dei posti di lavoro: si sbandierano nuove assunzioni, vincolandole però alla necessità di avere mano libera nell’allargamento della centrale.
Si tratta del consueto ricatto, “o il lavoro o la salute”, che vediamo ripetersi in tutta Italia dall’Ilva alla Ferriera di Trieste.
Nell’ottica di A2a  Monfalcone è una pattumiera dove può convivere di tutto: fabbriche chimiche, cartiere, porti, cantieri, centrali a carbone. La “avanzatissima” azienda propone una visione anacronistica dello sviluppo, ammantandola con il linguaggio ipocrita del politicamente corretto, proprio mentre il governo va in direzione opposta e parla della necessità di “decarbonizzare” l’economia italiana. Al di là delle considerazioni su grande scala, però, il problema principale è sempre lo stesso: la salute. Il carbone (verde, rosso o nero che sia) inquina e fa ammalare le persone. Investire sul carbone laddove precisi accordi prevedevano fosse sostituito con il gas significa giocare con la vita delle persone nel nome del solito dogma, che in questo Paese sembra giustificare ogni sopruso: il profitto.

Collettivo per la difesa litorale carsico

 

da Il Piccolo SABATO, 10 NOVEMBRE 2012, Pagina 25 – Gorizia-Monfalcone

Altolà di Gherghetta sul futuro a carbone della centrale A2A

Il presidente della Provincia di Gorizia chiede un confronto con il territorio e invoca «il ricorso a fonti rinnovabili»

ENERGIA»REAZIONI AI PROGRAMMI PER MONFALCONE

di Giulio Garau A2A non ha ancora svelato le carte, non è stato presentato ufficialmente, men che meno nei dettagli, alcun piano industriale per la centrale termoelettrica, i vertici del gruppo da Milano mantengono ancora la riservatezza, pur confermando che nel piano 2013-2015 è previsto un forte investimento per la riconversione della centrale. Ma da parte del territorio monfalconese giungono forti i primi “altolà”. A cominciare dal presidente della Provincia Enrico Gherghetta che lancia un monito chiarissimo ad A2A: «Se l’azienda pensa di affacciarsi sul territorio sapendo che eventuali cambiamenti non sono solo un problema per la centrale, ma anche del territorio va bene. Se invece pensano che sia possibile andare avanti senza un confronto si faranno male come tutti gli altri». Gherghetta insiste: «Non sono a conoscenza di alcun iter autorizzativo al ministero dell’Ambiente o dello Sviluppo economico, sul tavolo della Provincia non c’è nulla, noi non abbiamo visto alcun progetto». Più cauto il sindaco di Monfalcone, Silvia Altran che proprio alla vigilia della presentazione del piano industriale a Milano, avvenuto giovedì, aveva presentato l’accordo con A2A che prevede l’istituzione dell’osservatorio ambientale. Ma soprattutto un tavolo ulteriore per discutere di eventuali sviluppi industriali della centrale. La Altran si muove sul binario dell’accordo: «Ero a conoscenza, come tutti del resto, del fatto che A2A sta preparando un progetto industriale sulla Centrale, questo a Milano è stato riconfermato. Ora però attendo di capire di cosa si sta parlando. L’azienda mi ha assicurato che ci sarà il tavolo di discussione, è scritto nell’accordo, e in quella sede parleremo della riconversione della centrale e A2A spiegherà cosa vuole fare». Molto più duro il Collettivo per la difesa del litorale che contesta alla fonte il progetto di A2A di trasformare la centrale di Monfalcone in impianto “pilota” nell’utilizzo del carbone “verde”. «Il carbone, verde, rosso o nero che sia – scrive Liviana Andreossi – inquina e fa ammalare le persone. Investire sul carbone laddove precisi accordi prevedevano che fosse sostituito con il gas significa giocare con la vita delle persone nel nome del solito dogma, che in questo paese sembra giustificare ogni sopruso: il profitto». Secondo il Collettivo il piano industriale di A2A è «un incubo per gli isontini» perchè «la più grande multiutility del Nord Italia si appresta a colonizzare Monfalcone con il piglio e il decisionismo tipicamente lombardo». In realtà, sostiene il Comitato «l’azienda energetica spaccia l’incenerimento dei rifiuti per risorse rinnovabili e l’utilizzo del carbone per innovazione verde». Un progetto che lo stesso Gherghetta, pur non conoscendolo e ribadendo che «nulla è stato ufficializzato» in qualche modo rimanda al mittente. «Qui con me ho l’autorizzazione integrata ambientale del 2009 e che prevede la trasformazione dei gruppi da olio pesante a gas. Questa è l’unica cosa che esiste, di trasformazioni in carbone verde o pulito non si parla. E a me non risulta nulla». Secondo Gherghetta per cambiare l’Aia (che dovrebbe restare valida ancora 8 anni, fino al 2017) bisogna presentare una domanda e la Provincia di Gorizia non ne è a conoscenza e vuol dire che «non c’è». E secondo Gherghetta, piuttosto che pensare al carbone, A2A dovrebbe progettare un altro sviluppo anche perchè, in qualità di esperto (viene dall’Enel), il presidente sostiene che «chiudendo i gruppi ad olio si tagliano i due terzi di potenza energetica della centrale». «Quella del carbone deve essere “una” delle ipotesi – aggiunge Gherghetta – A2A invece dovrebbe fare un grande sforzo, anche in termini di ricerca, per capire se a Monfalcone si può realizzare una centrale per produrre dell’energia da fonti rinnovabili. Questo sarebbe un capolavoro. Anche perchè l’opinione pubblica non è più disposta ad accettare modelli vecchi. Facciamo qualcosa di nuovo anche per dare risposta alla necessità di tutelare la salute dei cittadini. E questa risposta viene soltanto dalla Green economy».

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