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Sul Piano energetico regionale

Il Piano enMonfalcone, fumo nero dalla centrale i cittadini protestano ergetico regionale puntualizza come il sensibile calo della domanda d’energia, che sembrerebbe permanere anche nei prossimi anni, mette in crisi la produzione attraverso le centrali termoenergetiche convenzionali (A2a di Monfalcone).

Le centrale di Monfalcone produce attualmente 310 MW e solo il 25% del prodotto serve per il fabbisogno regionale. Una vera inezia produttiva se paragonata alla centrale di cogenerazione di Torviscosa che produce la bellezza di 771 MW netti che restano in loco.

Si potrebbe chiudere? Certo, se si calcolano i costi /benefici di una centrale sessantennne che si nutre di carbone e biomasse, collocata in un territorio massacrato come il monfalconese, che ha pagato l’insediamento dell’industria pesante con la vita dei suoi cittadini e con la distruzione paesaggistica, la chiusura dovrebbe essere logica conseguenza in un Paese normale, salvaguardando i posti di lavoro.

Però normali non siamo, nel Piano Energetico si propone un tavolo con A2a per ipotizzare uno scenario di transizione verso l’utilizzo del gas e/o del FER (Fonti di Energia Rinnovabile). Perbacco, vien da dire! Finalmente ci siamo.

Non è così, siamo nel Paese dei furbi e lo scenario lo evidenzia : A2a ha una potenzialità di 750 MW attualmente sospesa.

La parte che funzionava ad olio combustibile è stata dismessa, dismissione imposta dalla Comunità Europea, legata all’inquinamento prodotto dall’olio combustibile.

A2a aveva presentato un progetto a “tutto carbone” che vedeva l’utilizzo di un nuovo impianto da 350 MW da affiancare al preesistente catorcio attualmente in funzione da 310 MW. > La centrale può produrre il 10% di energia da biomasse (grazie a Giorgio Brandolin, allora presidente della Provincia di Gorizia). Questa potenzialità potrebbe giocare una bella carta con le biomasse da noi volgarmente definite “scovazze”.

A2a nega la volontà di riconvertire la parte a carbone e si dice aperta ad un confronto per l’utilizzo delle biomasse. Confronto che nel rinnovo dell’ AIA, se trova sostegno da Regione e Comune, potrebbe aumentare il 10% di produzione. L’agognato viaggio di transizione verso le energie pulite potrebbe regalarci sia il carbone che l’ inceneritore.

La Regione sta forse offrendo su un piatto d’argento la possibilità di trasformare i 350 MW disponibili in un inceneritore di biomasse?

A2a per non creare allarmismi mette le mani avanti dichiarando che le biomasse dovrebbero essere vegetali, garantite e derivanti dalle attività presenti in FVG come prevede la legge.

Dobbiamo credere? Dobbiamo credere che la virtuosa A2a produrrà energia solo con lo sfalcio del fogliame? Ma suvvia, sembra la storia del rigassificatore Smart che serviva a riconvertire a gas la centrale, riconversione smentita platealmente da A2a, a pensar male…

La più grande azienda italiana che fa business con il trattamento dei rifiuti in tutto il Paese, la proprietaria dell’inceneritore di Brescia e di quello di Acerra, forse si lecca i baffi per la possibilità di produrre energia con materiale a costo zero.

Attraverso la parola magica: “produzione di energie rinnovabili” A2a può incassare fior di quattrini per le combustioni e l’azienda lavora, ovviamente, per il profitto.

Il “recupero energetico” attraverso la combustione di biomasse comporterebbe una bella fetta di guadagno che farebbe volare i titoli in borsa della futura multiutility del Nord.

Avanti con il carbone, ma non solo, perchè il fabbisogno è in calo e i soldi sicuri si fanno con i rifiuti, pardon: le biomasse. A Trieste ci sarà il “no se pol” ma a Monfalcone c’è il “se pol tutto”?

Andreossi Liviana

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