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Val Rosandra devastata, Ciriani a giudizio

Citazione diretta per l’assessore regionale, il direttore della Protezione civile Berlasso e tre funzionari

da Il Piccolo del 21 marzo 2013

Gli effetti della “pulizia” in Val Rosandra nel 2012

L’assessore regionale alla sanità Luca Ciriani (candidato del Pdl nella circoscrizione di Pordenone alle regionali), il direttore regionale della Protezione civile Guglielmo Berlasso, i funzionari Cristina Trocca e Adriano Morettin e Mitja Lovriha, caposervizio dell’area ambiente e lavori pubblici di San Dorligo, compariranno davanti al giudice per rispondere dello scempio della Val Rosandra compiuto tra il 24 e il 25 marzo dello scorso anno. Lo ha disposto il pm Antonio Miggiani che li ha citati direttamente chiedendo al giudice la fissazione dell’udienza al più presto possibile. Lo stesso pm ha indicato al gip Luigi Dainotti che vanno archiviate le posizioni di Fulvia Premolin e Antonio Ghersinich, rispettivamente sindaco e vice di San Dorligo e di Luca Bombardier, titolare della ditta specializzata i cui dipendenti, in forza di un contratto con la Protezione civile, hanno raso al suolo una delle tra le zone ecologicamente protette della provincia di Trieste. Ma – è bene chiarirlo – il giudice Dainotti non si è ancora espresso e ha chiesto al pm l’intero fascicolo sulla devastazione del sito protetto. Secondo il pm Miggiani, Premolin e Ghersinich sarebbero stati presi in contropiede dalla Regione e dalla Protezione civile e non avrebbero avuto nemmeno il potere di fermare quella che ironicamente era stata chiamata la calata degli Unni su San Dorligo. Una calata avvenuta alla presenza dell’assessore Ciriani (allora aveva la delega all’ambiente) giunto in elicottero per vedere dall’alto l’effetto della motosega selvaggia.

Siamo dunque all’ultimo atto istruttorio dell’inchiesta innescata da un esposto del Wwf nazionale in cui si parlava di danni ambientali irreparabili provocati con la scusa dell’urgenza. Le proteste avevano invaso il web e gli “esposti” presentati alla Procura anche dai vertici regionali di Lega Ambiente e da numerose persone indignate per la devastazione, avevano avuto il merito di richiamare l’attenzione degli inquirenti su quanto era accaduto in quell’area protetta. Erano state anche chieste le dimissioni di Luca Ciriani che oltre alla carica di vicepresidente della Regione aveva anche il ruolo di assessore all’Ambiente.

Ai cinque indagati (che dopo la notifica del decreto di fissazione assumeranno la veste di imputati) il pm contesta due ipotesi di reato definite dagli articoli 733 e 734 del codice penale. La prima – per chi distrugge un habitat all’interno di un sito protetto o lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione – prevede la pena dell’arresto fino a 18 mesi e un’ammenda non inferiore a tremila euro. La seconda ipotesi di reato contestata dalla Procura di Trieste ai politici, agli amministratori e ai tecnici che hanno agito in Val Rosandra prevede come sanzione solo una pena pecuniaria peraltro piuttosto “salata” per chi ha distrutto o deturpato le “bellezze naturali” di luoghi protetti.

In testa alla lista, come detto, c’è il nome dell’assessore Ciriani. Che firmando il decreto del 16 marzo 2012 aveva autorizzato l’operazione “alvei puliti”, facendolo secondo l’accusa «in mancanza di urgenza e dello stato di emergenza e pertanto utilizzando impropriamente e illegittimamente i poteri della Protezione civile». «Normale manutenzione», aveva infatti dichiarato Ciriani durante un’ intervista al Tg3 regionale.

A definire il quadro dell’accusa erano state le perizie del biologo Dario Gasparo e del professor Ezio Todini, docente di idrologia e costruzioni dell’Università di Bologna. I due consulenti del pm avevano parlato di danno ambientale importante perché ha riguardato un ambiente comunitario.

L’intervento era stato effettuato – a seguito di una serie di sopralluoghi promossi dal Comune, dalla Protezione civile e dalla Comunella – per pulire l’alveo del torrente. Scopo dichiarato, mettere in sicurezza in caso di piene o di eventuali inondazioni, le vite e i beni del residenti. In totale si erano riversati nella valle 200 “volontari” da tutta la regione. E alla fine era rimasta solo desolazione.

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